Riflessioni e considerazioni sul Progetto Formativo: “Applicazione del Tocco Armonico, il massaggio lento nel controllo di ansia e dolore: refresh e verifica dei risultati ” – Valorizzazione delle CAM per aumentare il benessere e l’umanizzazione delle cure – Istituto Rosmini - Torino 27 e 28 marzo 2015
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)
In merito ai molteplici corsi di formazione per operatori sanitari, quello che ha visto partecipi gli infermieri (circa 16 soggetti) al progetto formativo di cui all’oggetto, e al quale sono stato invitato per assistervi, personalmente mi ha “incuriosito” sia per l’originalità del tema che per lo svolgimento del programma. Due giorni full time, coordinati e diretti (in qualità di docenti) da Enzo D’Antoni e Erika Mainardi, due professionisti (infermieri) che da anni perseguono la “disciplina” del Tocco Armonico, formando coloro che credono nelle Medicine Complementari e Terapie Integrate. Un modo intraprendente ma anche intelligente per contribuire ulteriormente a lenire le sofferenze umane, senza interferire con la Medicina ufficiale che, per certi versi, a mio avviso, ben si coniuga al processo di guarigione o comunque di pronta ripresa.
La prima giornata che ha avuto inizio con la presa visione dell’aula e l’autopresentazione dei partecipanti, si è sviluppata con il commento delle reciproche esperienze nell’attuazione della tecnica nei propri contesti operativi presentati durante il corso di formazione. Proseguendo poi, non certo su basi ideali ma su un benefico effetto la posizione di relax, distesi sul pavimento “a raggio di sole” e in posizione supina, tenendosi per mano con il palmo verso l’alto, occhi chiusi e in completa autoconcentrazione, accompagnata da un tenue sottofondo di musica classica, probabilmente la più indicata nel favorire ognuno la catarsi…, Ciascun operatore ha avuto così modo di recepire dall’altro sensazioni emotive ed effetti psico-fisici più o meno evidenti a seconda della sensibilità individuale.
I reciproci confronti sono quindi continuati nello scambio delle proprie “esperienze di ascolto”, ossia la percezione del gruppo nel dare o ricevere, espressa semplicemente con un aggettivo come leggerezza, pesantezza, fragilità, tranquillità, pace, assenza, confusione, calore, unione, pensiero, protezione, rilassamento, distacco, comprensione, agitazione, energia, irrequietezza, costrizione, visione di scuro e chiaro, contatto empatico, etc. Altrettanto molteplici e diverse le rispettive esperienze della pratica del “Tocco Armonico” messe a confronto, le cui variabili evidenziate sono state l’orario dei turni nei propri reparti ospedalieri, tempi ristretti a disposizione, mentre è stato posto l’accento sulla migliore operatività se in buona sinergia con i colleghi. All’unisono propensi nel proporre spontaneamente al paziente il trattamento del Tocco Armonico, in particolare prima dell’intervento chirurgico, e in non pochi casi con effetti se non sedativi almeno rilassanti tanto da non richiedere la somministrazione di ansiolitici, oltre a constatare una più veloce ripresa nel decorso post-operatorio, restando nel contempo di riferimento nel recepire la esternalizzazione di reconditi turbamenti di “verità” sopite e lontane nel tempo… favorendo così una sorta di atto liberatorio e di pace interiore.
Rilevando l’empatia che si instaura tra paziente e operatore del trattamento, il Tocco Armonico ha ragione d’essere in quanto nasce come relazione d’aiuto, ne aumenta l’empowerment, oltre alla resilienza che aumenta negli operatori stessi sotto stress quotidiano, anche per la totale dedizione a questa disciplina in cui credono fortemente e con determinazione. «Il paziente – come ha precisato D’Antoni – ha bisogno di essere ascoltato, e il Tocco Armonico si è rivelato un ottimo strumento che permette di ascoltare e di accogliere il paziente, le sue emozioni e i suoi problemi di salute, soprattutto quando deve affrontare una diagnosi “impegnativa” e/o una terapia invasiva». Più problematico intervenire in ambito pneumologico (e in sala operatoria), per la cui particolarità dei pazienti il trattamento richiede un determinato tempo, che spesso manca… Forse anche per questo, come è emerso, alcuni operatori avvertono un senso di “impotenza” ma non per questo perdono l’autocontrollo affidandosi all’esperienza e ai confronti con i colleghi.
Nel pomeriggio i discenti si sono riuniti in coppia tenendosi per mano, in composto silenzio, osservandosi reciprocamente, muovendosi armoniosamente e girando nel contempo su stessi. Un esercizio che può essere inteso come una sorta di “elasticità mentale”, dove l’emozione si esprime nel costante contatto e in un continuo ascoltarsi a vicenda nel profondo. Quindi i successivi commenti hanno inteso “convalidare” ciò che ciascuno ha potuto dare e/o ricevere idealmente e spiritualmente, ma anche come beneficio psico-fisico, tanto da dedicare il secondo giorno del corso alla pratica del Tocco Armonico tra essi stessi, e in un continuo interscambiarsi. Molti i commenti a riguardo proprio per aver recepito reciprocamente tensioni corporee e stanchezza psichica che, con il trattamento, sono emerse più o meno visivamente, tanto reali quanto utili per migliorare la propria performance operativa.
Verso il termine delle due giornate molto utili ed altrettanto costruttivi i commenti sull’importanza del “Tocco Armonico”
che si vuole mantenere “all’interno” della professione infermieristica, nonostante in alcune realtà assistenziali stiano introducendo la robotica con la “presunzione” di intervenire sul paziente sostituendo la figura umana preposta alle sue cure, mentre a furor di popolo prevale ancora (per fortuna) il rapporto empatico. Un’esigenza soprattutto degli anziani che, nonostante l’età e la patologia, fanno ancora parte di quel mondo universale che si chiama Uomo, con la sua dignità, per il cui rispetto (dopo il farmaco ed eventualmente qualche trattamento di “Tocco Armonico”), non può venire meno il diritto di sperare in una assistenza migliore da parte di tutti gli operatori.
A questo proposito, a mio avviso, è saggio confidare in quell’ottimismo sostenuto dalla speranza, e la speranza è saper osservare oltre l’orizzonte, immaginando il “sostegno” della propria esistenza anche attraverso la creatività… E ciò perché la volontà di vivere (soprattutto in chi soffre) non è un’astrazione teorica, ma una realtà fisiologica con caratteristiche terapeutiche. Tale volontà è una finestra perennemente aperta sul futuro. Essa fa apparire alla persona tutto l’aiuto che il mondo esterno può darle e mette questo in connessione con la capacità propria dell’organismo di combattere la malattia, grazie anche al “Tocco Armonico” che, unitamente attraverso l’espressione dell’arte in generale e la lettura in particolare, rende il corpo umano capace di trarre il massimo da sé stesso, perchè la ricerca della perfezione in tema di salute e benessere, non è da considerarsi una presunzione o una eresia ma la più elevata manifestazione di un grande disegno chiamato “vita”.